
Koyasan: dormire in un tempio buddista. La GUIDA DEFINITIVA
Di cosa si parla:
Se non conosci il Koyasan, dormire in un tempio è una delle esperienze più tipiche che un occidentale possa fare in Giappone! Infatti sono in pochi ad arrivare fin qua sul Monte Koya, cuore sacro e selvaggio del Giappone, immerso tra gli altissimi cedri rossi. Ecco tutti i miei consigli per dormire in un monastero buddista, come prenotare uno shukubo, cosa aspettarsi e come raggiungere il Koyasan, per un viaggio mistico al centro della sacralità orientale che non ti dimenticherai mai più!
Monte Koya, il più sacro del Giappone

Il Koyasan, chiamato anche Monte Koya, è una località che si trova nel cuore selvaggio dei Monti Kii, nella prefettura di Wakayama.
Situato a circa 80 km a sud di Osaka, è considerato uno dei siti più sacri del Giappone, e anche designato nel 2004 Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
Il villaggio vanta una popolazione di sole 3000 persone ed una ricchezza di ben 117 templi buddisti (praticamente un tempio ogni 25 persone!) e, come se non bastasse, 52 di questi templi consentono ai visitatori e pellegrini di pernottare al loro interno.
Quando ho scoperto questa possibilità non me la potevo far scappare di certo!
A 800 metri sul livello del mare, pendii boscosi di criptomerie, i centenari cedri giapponesi con fusti altissimi fino a 40 metri, ombreggiano con le loro chiome pagode storiche, stradine silenziose, minuscoli ristoranti tipici, templi e negozi di souvenir.
I cedri sono la cosa più suggestiva che colpisce l’attenzione appena arrivati al Koyasan. Sembrano abbracciare il villaggio e proteggerlo da ogni lato, creando un’atmosfera da fiaba sospesa sul filo sottile che separa sogno e realtà.
Il vento agitava gli antichi cedri e gli insetti notturni fendevano il silenzio con il loro monotono ronzio. Sarebbe stato sempre così, pensai, estate dopo estate, inverno dopo inverno; la luna sarebbe tramontata sempre a ponente, restituendo la notte alle stelle e le stelle, nel giro di una o due ore, si sarebbero arrese al fulgore del sole. Il sole sarebbe salito alto sopra le montagne, accorciando l’ombra dei cedri; poi sarebbe scomparso di nuovo dietro i crinali.
La leggenda di Otori, Hern Lian
Chi decide di arrivare fino al Monte Koya lo fa soprattutto per visitare, oltre agli affascinanti complessi templari, l’Okunoin, il cimitero più grande di tutto il Giappone.
Situato nell’area orientale del villaggio, il cimitero possiede 200.000 sepolture in pietra allineate all’interno della foresta di cedri. Le puoi vedere e toccare mentre cammini nel più totale silenzio attraverso un vialetto lastricato e fiancheggiato da migliaia di lanterne.
Il sentiero, lungo circa due chilometri, conduce i visitatori dall’ingresso del cimitero fino al mausoleo di Kōbō Daishi, il fondatore del Buddhismo Shingon e una delle persone più venerate nella storia religiosa del Giappone.
Buddhismo Shingon al Koyasan

Per comprendere meglio l’ambientazione in cui ci troviamo ed il significato del luogo, parliamo un pochettino di storia.
1200 anni fa, il monaco illuminato Kūkai, in seguito ricordato come Kōbō-Daishi (letteralmente “il Grande Maestro della diffusione del Buddhadharma”), dopo aver studiato a lungo in Cina, ottenne il permesso dall’imperatore Saga di fondare sul Koyasan un complesso monastico per insegnare e praticare il Buddhismo Shingon.
Shingon letteralmente significa “vera parola“, ed è una setta esoterica che si basa sui due testi fondamentali indiani Vajrasekhara Sūtra (金剛頂経 “Sutra della cima El Vajra”) e Mahāvairocanābhisaṃbodhi (大日経 “Sutra della Bodhi di Mahvairocana”).
Kūkai si considerava un monaco, ma fino a quel momento non si era mai unito a nessuna scuola buddhista, preferendo le pratiche esoteriche come il canto dei mantra.
Scelse il Monte Koya come sua sede soprattutto in virtù della sua conformazione geografica, cioè una valle poco profonda incastonata in una montagna e circondata da 8 cime montuose.
Queste, infatti, rappresentano gli 8 petali di loto, uno dei simboli di principali di buon auspicio del buddismo.
E, a questo proposito, non può non tornarmi in mente la citazione che Cognetti inserisce nel suo romanzo Le Otto Montagne che ho molto amato, mentre parla del monte Sumeru, la montagna situata al centro del mondo secondo la cosmologia buddhista:
[…] Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Questo è il mondo per noi. […] E diciamo: avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?Paolo Cognetti
Chissà se anche Kūkai si è fatto questa domanda scegliendo il Monte Koya come culla per la sua scuola religiosa!
Per quanto riguarda la pratica religiosa, il Buddhismo Shingon pone l’accento sul rituale quotidiano come mezzo per raggiungere l’illuminazione in modo immediato e praticabile, sviluppando quello che diversi monaci descrivono come “natura di Buddha“.
Sui due milioni di visitatori annuali del Koyasan, una parte di fedeli crede ancora che Kōbō Daishi sia fisicamente vivo, soltanto “addormentato” all’interno del suo mausoleo, in un’eterno stato di meditazione (samadhi) mentre attende la comparsa di Maitreya, il futuro Buddha.
Arrivati alla tomba del monaco, alla fine del sentiero lastricato, i fedeli fanno offerte di cibo e accendono tre bastoncini di incenso ed una candela votiva, recitando il mantra Namu Daishi henjō kongō:
Trovo rifugio [namu]
nel Grande Maestro [Daishi]
la cui luce risplende ovunque
ed è eterna come il diamante
Alla fine di ogni pomeriggio i sentieri boscosi dell’Okunoin diventano deserti. Gli acquirenti spariscono dai negozi di souvenirs e dai marciapiedi di Odawara Street. I monaci custodi del complesso Danjo Garan chiudono le pesanti porte della Sala Dorata e della Grande Stupa.
Alle 17.30 (oppure alle 17.00 in inverno, quando le giornate sono più brevi) una melodia dolce come una ninna nanna suona dagli altoparlanti della città, e senza parole dice a tutti che è l’ora di ritornare a casa per la cena.
Koyasan, dormire in un tempio buddhista

Una volta tornata a casa dal Giappone, posso affermare con certezza che l’esperienza più autentica che un occidentale possa fare durante il suo viaggio in Giappone sia alloggiare in un monastero buddhista.
Anche alcuni giapponesi, ad esempio le guide turistiche volontarie che ho incontrato durante il mio viaggio, sgranano gli occhi emettendo il loro tipico e ammirato “Oooh”, quando gli racconti che nel tuo itinerario di viaggio hai inserito questa destinazione.
Forse perché arrivare fino al Monte Koya richiede tempo, fatica e determinazione, oltre ad un’apertura mentale pronta ad assorbire il silenzio ed il senso di eternità sprigionato dalle foreste di cedri rossi, dai templi con i loro giardini perfetti e dalle tombe in pietra dell’Okunoin.
Ancora a casa, durante la fase di preparazione del viaggio, dovendo decidere dove dormire al Monte Koya, avevo letto svariate recensioni sugli shukubo, cioè le foresterie dei monasteri.
Molti visitatori si lamentavano della semplicità degli alloggi, delle stanze troppo fredde, delle pareti di carta vecchie di 200 anni, tanto sottili da sentire il proprio vicino russare.
Oppure del cibo vegano poco sostanzioso, troppo diverso dalla carne o dal pesce che si è abituati a mangiare nella nostra vita di tutti i giorni.
Questi commenti, tuttavia, non mi hanno spaventato, piuttosto mi hanno fatto venire voglia di andare a vedere con i miei occhi, di provare un’esperienza più radicale del solito.
Ora sono contenta di poter dire di averla fatta, di aver vissuto un’avventura al centro dell’antica sacralità orientale.
Dormire in un tempio giapponese funziona un po’ come dormire in un ryokan con tempio annesso. La struttura di base accomuna tutti gli shukubo: come prima cosa ci si trova davanti ad un grande cancello principale che funge da portale, dietro il quale si intravede un giardino zen sempre curatissimo.
Qui arbusti arrotondati, alberi da frutto, pietre rocciose coperte di muschio e piccoli laghetti d’acqua sono disposti ordinatamente su una distesa di sabbia bianca rastrellata accuratamente per formare tipici motivi di spirali ed onde.
Prima di salire i pochi gradini in legno che conducono alla veranda di ingresso dello shukubo, occorre come sempre togliere le scarpe e indossare le pantofole già disposte in file ordiate sul primo scalino.
A fianco c’è un armadio apposito, anch’esso in legno lavorato, per riporre le scarpe che che verranno recuperate soltanto per uscire fuori dal monastero e visitare la città.
Dopo esserti presentato allo staff molto gentile e sempre pronto ad accoglierti, solitamente vieni accompagnato a fare un tour della struttura, che più è grande più è labirintica.
Tentando di memorizzare tutti gli svincoli, cammini con gli occhi sgranati per corridoi in legno scricchiolanti e poco illuminati, su cui si aprono scorci di stanze con fusuma (le porte scorrevoli da interno) dipinte con motivi tradizionali e collezioni storiche di arte sacra con più di 800 anni.
Una saracinesca chiude durante il giorno l’accesso al tempio, che troverai aperta soltanto la mattina alle 6.00 durante la cerimonia rituale a cui tutti gli ospiti possono assistere.
Spesso, infine, negli shukubo si può trovare un onsen interno ed esterno per potersi rilassare fino a tarda sera. Durante il tour della struttura, se non sei pratico di terme giapponesi, ti vengono rispiegate tutte le regole su come comportarsi in un onsen.
Monte Koya, dove dormire in uno shukubo

Arrivato alla camera da letto, un piccolo quadrato di spazio chiuso da una porta scorrevole in legno, dopo aver lasciato le ciabatte in corridoio, ti accorgerai che la stanza è del tutto priva di mobili.
L’unica eccezione è il piccolo tavolino basso già provvisto di bollitore per il tè e piccoli dolci o craker di riso. Se ci si vuole sedere, bisogna farlo sul delicato tatami intrecciato che ricopre il pavimento, o al massimo su uno zabuton appoggiato per terra, cioè un cuscino piatto come quelli che noi occidentali siamo soliti mettere sulle sedie.
Non c’è un armadio né niente che assomigli ad una cassettiera, quindi puoi semplicemente riporre le tue valigie e zaini in un angolo.
Il punto focale estetico della stanza è il suo tokonoma, uno spazio incassato lungo il muro a formare una piccola alcova in cui sono esposti oggetti artistici come pergamene, vasi di fiori e incensieri.
Ricordati che questo spazio è considerato sacro, quindi ti suggerisco di non sedertici sopra e di non appoggiarci nessun oggetto, tanto meno i vestiti.
Nella maggior parte degli shukubo del Koyasan, le camere sono equipaggiate di televisione (ho pensato che fosse assurdo… chi si mette a guardare la TV in un tempio?) e di cassaforte, poiché la porta della stanza si può chiudere dall’interno, ma non dall’esterno.
Se sei fortunato (o sfortunato, a seconda dei punti di vista!), il WiFi prenderà anche nella tua camera. Inoltre se visiterai il Monte Koya in inverno, troverai anche una stufetta elettrica per riscaldare l’ambiente.
Infatti in tutti gli ambienti comuni del monastero non c’è riscaldamento, e la temperatura è simile a quella esterna. Ogni volta che andrai in bagno, sarà un’esperienza per temprare il fisico! Io, ad esempio, indossavo ogni volta il piumino!
Infatti solitamente il bagno è in comune, a meno che tu non scelga la formula di stanza con bagno in camera, molto ma molto più cara
Per girare all’interno del ryokan puoi scegliere di indossare lo yukata di cotone lasciato in camera a disposizione per ogni ospite, specialmente per recarti nella zona dell’onsen (letteralmente infatti significa abito da bagno) o per passeggiare per i corridoi.
Puoi divertirti a vestirti come un autentico giapponese, e calarti ancora di più nella cultura di questo Paese. Ricordati, però, che la mattina durante la cerimonia sacra lo yukata non è ammesso.
I futon
Se ad una prima occhiata la camera ti sembra cosmicamente vuota, è anche dovuto al fatto che non ci sono i letti per dormire.
Questo piccolo particolare ti può saltare subito all’occhio o venire in mente in seguito (io ci ho messo un po’ a notarlo, visto che ero affascinata da tutto il resto!), fatto sta che la domanda prima o poi ti sorgerà spontanea: “ma io stanotte dove dormo“?
Di certo sapevo che non avrei trovato i letti all’occidentale, ma mi aspettavo di trovare in camera i futon già preparati e disposti sul tatami.
Invece, per lasciare spazio per muoversi durante il giorno, bere il tè al tavolino, e soprattutto per mangiare (sì, i pasti vengono serviti in camera) i futon si materializzano soltanto dopo cena, quando un addetto del personale ti farà uscire brevemente dalla stanza per prepararli.
A questo punto il tavolo basso verrà spinto in un angolo e il futon sarà srotolato sul pavimento al centro della stanza, posizionato in modo che le nostre teste addormentate puntino verso est.
Questa, infatti, è la direzione usata dall’imperatore e raccomandata da Confucio in quanto associata a forza e vigore (che di certo male non fa!).
Curioso il fatto che non troverai mai il cuscino a nord perché è la direzione riservata soltanto ai morti. Infatti questa è la posizione assunta dal Buddha storico, Shākyamuni, al tempo del suo Parinirvana.
I bagni in comune
Come già accennato, di norma nei monasteri buddhisti i bagni sono in comune. Fin qui nessun problema, dirai… basta adattarsi, per una o due notti non dovrebbe essere difficile.
Tuttavia scoprirai che, oltre a non godere di riscaldamento, in bagno non c’è nemmeno acqua calda e lavarsi la faccia la mattina è un crudele quanto efficace metodo per svegliarsi in un secondo!
Nella mia inesperienza, inoltre, facendo un primo giro di perlustrazione dell’edificio, ad un tratto noto con stupore che in bagno non ci sono le docce. Allora apro tutte le porte che trovo, ma niente: solo lavandini e WC futuristici.
È solo in quel momento che mi salta all’occhio una porticina stretta e a vetri. Non c’è nessuna scritta che vieta l’ingresso, né inglese né giapponese… “Le docce devono essere proprio lì!”, penso convinta.
Invece uno stretto corridoio mi conduce in una zona più buia, un po’ malmessa e con il soffitto ribassato, su cui si affacciano una decina di altre porticine. Finalmente mi accorgo che non sono docce, ma ancora non capisco cosa possano essere.
Soltanto la mattina successiva, mentre mi sto lavando i denti, vedo il capo dei monaci con la sua veste color zafferano uscire proprio dalla famosa porticina, e tutto diventa imbarazzantemente chiaro: mi stavo dirigendo nelle stanze dei monaci!
Ecco, tutto questo cosa significa? Vorrei solo evitarti figuracce. 🙂
Sappi che, infatti, le docce non si trovano nei bagni in comune, bensì l’onsen funge anche da zona docce, che sono separate per quanto riguarda uomini e donne.
Sono anche lieta di comunicarti che qui l’acqua calda non manca, anzi è caldissima, e ci sono anche asciugacapelli a disposizione, per lo meno nello shukubo che ho visitato io.
Shōjin ryōrī: la cucina vegetariana dei monaci

Dove mangiare al Monte Koya? La formula di prenotazione presso i templi buddhisti è sempre comprensiva della colazione, e di norma anche della cena.
Quindi non ti devi preoccupare di andare a cercare dei ristoranti o minimarket (anche qua sui monti, infatti, potrai trovare un fidato Family Mart) per mangiare, se non a mezzogiorno.
Tutti gli alloggi del tempio al Koyasan offrono lo shōjin ryori (letteralmente “cucina della devozione“), cioè una tipologia di cibo esclusivamente vegetariano di cui monaci sono soliti cibarsi.
La cena e la colazione sono praticamente identiche, per quanto riguarda la varietà di offerta di verdure, tofu, brodo di miso eccetera. Per cui sii pronto a cambiare un po’ le tue abitudini alimentari, per lo meno per uno o due giorni.

I pasti vengono serviti in camera, alle 7.00 la mattina e alle 17.00 la sera (sì, così presto!), ma non sul tavolo basso di legno, come ingenuamente pensavo prima di provare questa esperienza.
Infatti sarebbe impossibile farci stare sopra tutta la marea di vassoi, piatti, piattini e ciotoline che vengono portate. Invece, un ragazzo o una ragazza che parla un inglese basilare farà avanti/indietro per tutto il tempo del pasto per portare dei piccolissimi tavolini di legno laccato (almeno tre a testa) su cui è disposta una grande varietà di cibi, ma tutti in piccole quantità.
Questo è un momento davvero spettacolare! Non c’è un contenitore uguale all’altro, ma ognuno ha un particolare colore e motivo decorativo.
Una ciotola piuttosto grande viene posta sopra ad una candela, la cui fiamma cuocerà in 15 minuti tutto il contenuto, cioè un brodo con verdure fresche e qualche spaghetto di soia. Un’altra ciotola, coperta con il suo coperchietto, contiene invece brodo di miso.
Due delle ciotole in dotazione, infine, giacciono a faccia in giù: devi riempirle con il riso bianco (quella più grande) e con l’immancabile tè verde o matcha (quella più piccola).
Altri piccoli piattini ospitano al loro interno verdure in tempura, radici di loto, foglie di shiso (una pianta aromatica simile al nostro basilico), cubetti di tofu fritti o immersi in un’acquetta dolciastra. In un’occasione mi è capitata una ciotolina minuscola al cui interno c’erano soltanto cinque piselli, o cinque fagioli!
Solo in seguito, documentandomi, ne ho scoperto il significato.. Se sei curioso di saperlo, leggi anche l’articolo sulla cucina vegetariana buddista.
Alla fine del pasto, dopo aver assaporato questa varietà infinita di gusti, textures e colori, arriva il dessert (ma non quello che pensi tu!): frutta di stagione, accuratamente tagliata e disposta sul suo piattino.
Mangiare in questo modo, seduti a gambe incrociate sul tatami, con di fronte i tavolini coperti di verdure di ogni forma e dimensione, è un’esperienza indimenticabile.
Non potrai fare a meno di scattare decine di foto, perché la presentazione nella cucina shōjin ryori è una componente fondamentale. Ci saranno alcuni gusti o consistenze che non ti piaceranno, ma alla fine sarai contento di aver provato tutto, e di poterlo raccontare! Per lo meno, per me è stato così.
La cerimonia del mattino

Oltre alla cucina tipica, altro vantaggio principale del dormire in un tempio buddhista è poter partecipare alla cerimonia sacra del mattino.
E quando dico mattino, intendo le ore 6.00, quindi ti dovrai svegliare molto presto per prendere parte alla funzione (non è il caso arrivare quando è già incominciata, per rispetto nei confronti dei monaci).
Comunque svegliarsi così presto non sarà difficile, anche se non sei abituato, perché la sera il tempio ha un coprifuoco: dopo le ore 21.00 si chiudono le porte, quindi non avrai modo di fare vita notturna.
Arrivato all’ingresso del tempio, che ora è aperto con la saracinesca sollevata, un monaco ti invita a togliere le ciabatte e a sfregare fra le mani un pizzico di polvere di incenso che tiene in una ciotola, come segno di purificazione.
Il tempio è immerso nella penombra, soltanto poche lanterne accese e fioche illuminano l’ambiente che odora già fortemente di incenso.
Alcuni fedeli, soprattutto le persone più anziane, si possono sedere su degli sgabellini messi a disposizione, ma la maggior parte sta a gambe incrociate sul pavimento.
Posizionato al centro, appena fuori dalla ringhiera che separa l’altare dai fedeli, c’è un incensiere posto su un tavolino basso. Un sottile filo di fumo sale verso l’alto e svanisce nell’oscurità.
Al momento opportuno, durante la cerimonia, uno dei monaci ti inviterà a farti avanti per aggiungere un pizzico di incenso nell’incensiere, in segno di venerazione del Buddha (sì, si aspettano che tutti lo facciano, anche tu occidentale che non capisci bene cosa stia accadendo e ti senti un po’ in imbarazzo!).
Una leggenda popolare vuole che il Buddha sia sostenuto da questo fumo, che sia il suo cibo celeste.
Nell’oscurità oltre l’altare si scorge la forma di Amida Buddha, che promette, compassionevole, di accogliere in paradiso tutti coloro che hanno invocato il suo nome.
Ai lati dell’altare sono seduti i monaci del tempio che assisteranno nella lettura del sūtra. Aspettano il capo dei monaci, che arriva per ultimo facendo frusciare le sue vesti gialle e si siede su uno sgabello rialzato.
Inizia, allora, il canto shōmyō, un particolare canto proprio del Buddismo Shingon in cui il cantore può produrre simultaneamente più note distinte. La cadenza e il tono è simile alle preghiere ispirate al Sanscrito, recitate nei templi Hindu e Sikh.
Accompagnati dal rintocco della campana, i monaci cantano in modo gutturale versi melodici e lenti che vibrano ad alto volume dal più profondo della loro gola.
Io non avevo mai sentito nulla di simile e sono rimasta davvero stupita da come riuscissero a produrre suoni così bassi!
Il ritmo del canto diventa poi a poco a poco più celere, il tono si appiattisce e le voci maschili si mescolano in un’unica profonda risonanza che sembra scaturire dal centro della terra, ed al tempo stesso da dentro di te.
La scena è affascinante. Se non hai la fortuna di essere posizionato proprio davanti ed al centro, non vedrai praticamente niente di quello che sta succedendo, anche perché i monaci danno le spalle ai fedeli.
Ma il flusso costante di canti è ipnotizzante e dopo qualche minuto ti ritroverai in una sorta di trance, cullato dalla melodia delle parole incomprensibili, mentre scie di fumo di incenso si diffondono nell’aria tra i rintocchi occasionali di un gong.
Il nome di questa principale cerimonia quotidiana del Buddhismo di Shingon è Rishu-zammai-hōyō, così chiamata da Kōbō Daishi.
I suoi benefici sono diversi: aiuta a distruggere il cattivo karma e fa avanzare i fedeli verso l’illuminazione, sollecita benefici materiali e allevia la sofferenza dei morti. È inoltre un buon veicolo per la meditazione.
Anche se non capisci cosa si stia dicendo durante la preghiera, ti accorgerai comunque di come il corpo diventi stanco e assonnato, la mente calma e vuota, di come scompaia dolcemente in te ogni irrequietezza.
Queste preghiere del mattino durano circa un’ora, e sono un’occasione speciale per darti modo di sbirciare, anche se solo per poco, nel mondo spirituale dei monaci buddhisti, che è una cosa che non ti capita tutti i giorni!
Come prenotare uno shukubo al Koyasan

Dunque, ormai hai deciso di voler vivere anche tu questa esperienza fuori dall’ordinario, ma ti starai chiedendo: come faccio a prenotare uno shukubo al Koyasan? Tranquillo, perché non è affatto difficile.
Infatti, recandoti sul sito ufficiale Shukubo Temple Lodging, puoi vedere una lunga lista di templi in cui pernottare. Le tipologie di monasteri sono piuttosto varie, e spaziano da grandi complessi che possono ospitare fino a 300 persone, fino a templi buddhisti più piccoli con sole 6/8 camere.
Su questo portale ti puoi fare un’idea generale delle caratteristiche di ogni struttura e nella maggior parte dei casi è indicato poi il sito specifico per la prenotazione del singolo tempio.
Tuttavia, puoi trovare alcuni shukubo più grandi e famosi anche su siti come Booking.com, Japanese Guest House, Japanican o Travel Arrange Japan.
Per la mia visita al Koyasan ho scelto il tempio Fukuchi-in, prenotando la stanza direttamente dal loro sito ufficiale (puoi scegliere di visualizzare la traduzione in inglese o anche in italiano!).
Il monastero è abbastanza grande, ma non enorme, in posizione centrale e comoda per raggiungere tutte le principali attrazioni, oltre che vicino alla fermata del bus.
Essendo abituato ad accogliere ospiti da tutto il mondo, il personale parla inglese. Inoltre è presente un onsen con zona interna ed esterna, per poter fare un bel bagno caldo prima di dormire, il che non è affatto male a mio parere! Io mi sono trovata molto bene, e lo consiglierei per un primo approccio a Koyasan.
Un altro famoso tempio buddhista in cui dormire è l’Eko-in, molto più comodo se vuoi goderti la camminata serale guidata al cimitero Okunoin, perché si trova più vicino alla zona est del villaggio.
I templi spesso offrono la possibilità di partecipare ad alcune attività pensate appositamente per gli ospiti, ad esempio ricopiare i sutra come forma di meditazione e devozione. Ovviamente si tratta di servizi a pagamento, ed io personalmente non vi ho partecipato.
Parlando di prezzi, sii preparato perché alloggiare in un tempio giapponese non è un’esperienza affatto economica, infatti costa attorno ai 10.000 yen al giorno a persona con la cena e la colazione inclusa. Inoltre se vuoi una camera con il bagno privato, quando disponibile, il prezzo si alza ulteriormente.
Se non viene richiesto un pagamento al momento della prenotazione online, infine, ricordati che in molti casi i templi non accettano carte di credito, quindi porta sempre con te abbastanza contanti.
Come arrivare al Koyasan con Japan Rail Pass

Arrivare al Monte Koya non è facilissimo, e richiede una buona dose di pazienza ed organizzazione.
In più, se si vuole raggiungere il Koyasan sfruttando il JRP (Japan Rail Pass), il viaggio diventa ancora più lungo e con più cambi. Ma, dal momento che è anche la soluzione più economica, io ho optato per questa, ti spiego come:
- Da Shin-Osaka (la stazione di Osaka in cui arrivano gli shinkansen) prendi il treno JR Kuroshio Limited Express per raggiungere la stazione di Wakayama. Il viaggio in treno durerà circa un’ora.
- Una volta alla stazione di Wakayama, prendi la linea JR Wakayama (rosa) per 19 fermate (è un treno locale che fa tutte le fermate), fino a raggiungere la stazione di Hashimoto. Un’altra oretta di viaggio.
- Dalla stazione di Hashimoto in poi finisce la tratta in cui è possibile utilizzare il JRP. Infatti, d’ora in avanti dovrai affidarti alla linea Nankai-Koya, una linea ferroviaria privata, che in 9 fermate ti condurrà fino alla stazione di Gokurakubashi (40 minuti, 440 yen).
- Da qui non ti resta che prendere la folkloristica teleferica su rotaie Nankai Koyasan per un breve tragitto di 5 minuti (390 yen).
- Una volta arrivati in cima, presso la stazione Koyasan c’è un bus che ti porterà fino in centro (280 yen se scendi alla fermata centrale Senjuinbashi). Purtroppo questo tratto di strada, anche se breve, non si può fare a piedi. L’unica alternativa al bus è il taxi.
Senza utilizzare il Japan Rail Pass, invece, la soluzione più rapida è partire dalla stazione Namba di Osaka con la linea Nankai Limited Express, che direttamente senza nessun cambio ti condurrà in un’ora e mezza fino a Gokurakubashi (1650 yen). La parte finale del percorso poi rimane la stessa.
Koyasan World Heritage Ticket: Bus Pass al Monte Koya

Se non vuoi o non puoi usare il Japan Rail Pass, ti informo che esiste un interessante biglietto che ti farà comunque risparmiare qualche euro: il Koyasan World Heritage Ticket.
Si tratta di un pass ferroviario utilizzabile tra la stazione Namba e la stazione Koyasan, ed offre:
- un viaggio di andata e ritorno al Monte Koya utilizzando la linea ferrovia privata Nankai
- viaggi illimitati sugli autobus del Koyasan (i bus Nankai Rinkan)
- ingresso scontato a attrazioni turistiche come il tempio Kongobu-ji, il Museo Reihokan, Kondo Hall e Pagoda Daito al complesso Danjo Garan
- ulteriori sconti in alcuni negozi di souvenir.
Il biglietto vale due giorni consecutivi, quindi è perfetto se ti fermi soltanto una notte al Koyasan a dormire, ed è disponibile in due versioni.
La “versione normale” del biglietto (3,400 yen) è valida su tutti i treni lungo la Nankai Koya Line, tranne i treni Limited Express. I titolari di un biglietto normale possono tuttavia viaggiare con un Limited Express pagando il supplemento di 780 yen a tratta.
La “versione Limited Express” (4,220 yen) consente, invece, di utilizzare un treno Limited Express da Osaka a Gokurakubashi, ma non nella direzione opposta.
Se vuoi viaggiare con un Limited Express anche da Gokurakubashi a Osaka, puoi farlo pagando un supplemento di 780 yen.
Questi biglietti si possono comprare presso le stazioni della linea Nankai, ad esempio a Namba. Tieni d’occhio il sito ufficiale Koyasan World Heritage Ticket per controllare i costi e le condizioni, che potrebbero variare nel corso del tempo.
Eccoci arrivati alla fine di questa lunga guida!
Ho voluto essere il più dettagliata possibile per aiutarti a capire cosa aspettarti dal Koyasan e come organizzare in autonomia una visita a questo monte sacro. Spero che ti possa servire.
Come ultima cosa ti lascio altri link utili per l’organizzazione:
- Mappa del Koyasan ufficiale, con le fermate e gli orari dei bus
- Informazioni dettagliate su come raggiungere il Monte Koya
Cosa ne pensi dell’esperienza che ho raccontato? Ti piacerebbe dormire in un tempio buddista al Koyasan? Fammi tutte le domande che vuoi! Oppure ci sei già stato, e come me ne sei rimasto affascinato? Raccontami la tua storia in un commento, non vedo l’ora di leggerla!
LIBRI PER APPROFONDIRE:
- Sacred Koyasan: A Pilgrimage to the Mountain Temple of Saint Kobo Daishi and the Great Sun Buddha (English Edition). Di Philip L. Nicoloff
- Sacred Treasures of Mount Koya: The Art of Japanese Shingon Buddhism. Di Koyasan Reihokan Museum

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6 Comments
Marco Ferrari
Bellissimo! L’unica cosa che ti sei dimenticata è una altra piattaforma buona per la prenotazione dei Shukubo che è travelarrangejapan.com
laFuorviata
Ciao Marco, grazie mille per la segnalazione, non conoscevo questo sito! Aggiorno subito l’articolo inserendo anche questa possibilità 🙂
Vittoria
Caspita che esperienza. Difficile dire cosa mi abbia colpito di più. Ovviamente immagino che ci sia la parte spirituale che viene ispirata moltissimo, però credo sia una esperienza che in toto ti fa percepire il diverso, una concezione di vita così lontana dalla nostra da colpirti inevitabilmente. Bel racconto davvero, non lo avevo mai preso in considerazione, prima.
laFuorviata
Hai proprio colto nel segno, Vittoria. Oltre all’esperienza spirituale, che può toccare o meno ciascuno di noi, il bello di una visita al Koyasan è che puoi vivere un’esperienza totalmente diversa dal solito. Un’esperienza più autentica, secondo me, che ti permette di calarti davvero nel cuore della cultura giapponese. Sono molto felice di aver inserito il Monte Koya nel mio itinerario di viaggio, penso che senza questa tappa mi sarebbe mancato qualcosa!
SILVIA NOVELLI
Deve essere un’esperienza spirituale davvero unica ❤
laFuorviata
Te lo garantisco Silvia, ed oltre che spirituale direi anche culturale e antropologica, se vogliamo dirla tutta ?